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Creti, Canova, Hayez

In occasione di importanti lavori di manutenzione dell’edificio, il museo civico situato al secondo piano di Palazzo d’Accursio presenta un percorso di visita in buona parte ridefinito. Oltre 150 opere sono state ordinate dai curatori, Silvia Battistini e Massimo Medica, secondo accostamenti inediti, anche grazie alla presentazione di alcuni lavori solitamente conservati in deposito e di prestiti provenienti da altri musei civici come il Museo Civico Archeologico, il Museo Civico Medievale e il MAMbo-Museo d’Arte Moderna di Bologna.
La mostra si sofferma in particolare sulla ripresa di modelli delle epoche precedenti da parte degli artisti che operarono durante il XVIII e il XIX secolo, mettendo a confronto stili e iconografie di importanti autori non solo bolognesi.
Il percorso espositivo parte dalla Sala Urbana con il XVIII secolo, e i dipinti, tra gli altri, di Giuseppe Maria Crespi e di Donato Creti. Continua con un itinerario dedicato all’evoluzione del paesaggio tra il XVIII e l’inizio del XIX secolo.
Il recupero del gusto dell’antichità classica con cui si apre l’Ottocento – testimoniato dalla citazione della ritrattistica romana di epoca repubblicana che si può cogliere nel “Ritratto di vecchio”, modellato in terracotta da Antonio Canova – è solo il primo dei tanti ritorni al passato, che furono il filo conduttore delle scelte artistiche e ideologiche del secolo. Nel XIX secolo l’arte diventa espressione delle nuove ideologie e si trova a condividere con letteratura e musica le linee programmatiche delle nuove correnti culturali. Il primo Impero, la Restaurazione, i moti risorgimentali, l’Italia unita trovano un loro parallelo nel Neoclassicismo, nel Romanticismo, nel Naturalismo e nel Verismo. Questa continuità è ben documentata attraverso la ricostruzione del salottino barocco di una famiglia nobile bolognese, i Rusconi, in cui gli elementi di arredo alla moda degli ultimi decenni del Settecento si mescolano ad una stratificazione di beni familiari acquisiti nel secolo precedente, per essere infine aggiornati da suppellettili ottocentesche.  Seguono opere che documentano come la passione e la retorica politica del Risorgimento italiano alimentarono direttamente il linguaggio artistico degli esponenti del Romanticismo. Infine si narra il passaggio delle arti dal Romanticismo al Verismo di fine secolo.  Esponente di spicco di questa temperie fu Francesco Hayez, caposcuola del romanticismo pittorico italiano, la cui sensibilità, a dispetto di soluzioni formali ancora influenzate dal canone classico, maturò progressivamente interesse verso nuovi temi storici di valore civico-politico.  Il recupero della pennellata rapida e informale tardobarocca sta alla base del rinnovamento stilistico dei due decenni a cavallo dell’Unità d’Italia (1860-1880), ben rappresentati dalla pittura verista di Raffaele Faccioli, Antonio Mancini e  Coriolano Vighi. Innovazione fondamentale per aprire la strada alle sperimentazioni che chiuderanno il secolo, testimoniate in mostra dal dipinto di Alfredo Savini, riuscita fusione di pittura simbolista e divisionista, che ormai preannuncia il gusto dell’arte floreale con cui si chiuderà l’Ottocento.

 

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