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L'occhio di vetro

Cosa significa per un bambino cresciuto col mito dei nonni partigiani scoprire all’improvviso che la sua amata e dolce nonna Liliana, detta Danda, è stata un’impenitente fascista? Si apre così il documentario di Duccio Chiarini, passato al Festival del Popoli. Una ricostruzione più filologica che storiografica, fatta attraverso i diari e le fotografie, trovati dentro bauli accatastati in soffitte polverose, pile di lettere d’amore, cumuli di analisi del sangue, archivi, diari e certificati. È un’indagine quella di Chiarini, fisica, di documenti da leggere a voce alta in un quasi costante voice over, luoghi da ritrovare e testimonianze di cui andare alla ricerca.  L’indagine del regista parte dalla casa pisana dei genitori, custode di antichi segreti e cimeli di famiglia. Come l’occhio di vetro del titolo, appartenuto al bisnonno Giuseppe, padre della nonna Danda, mutilato della Prima Guerra mondiale, che tornato da un conflitto che ha disatteso ogni aspettativa, va a nutrire quel terreno di malcontento in cui Mussolini getterà le basi per far proliferare le proprie ideologie e il culto della propria persona. Si ritroverà anche il diario di Ferruccio, un ragazzo di quindici anni figlio di un eroe della Prima Guerra Mondiale, che si ritrova a combattere tra le fila degli ultimi difensori della Repubblica di Salò. Ne scrive giorno per giorno in un diario in cui racconta anche i destini delle due sorelle maggiori, Liliana e Maria Grazia, sposate rispettivamente ad un fascista e ad un partigiano comunista. Il ragazzo è un vecchio zio del regista che guidato da quel diario inizia una ricerca nel passato della sua famiglia. Insomma un film avvincente che verrà presentato dal regista.

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